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Articoli e curiosità su impianti di climatizzazione, energie alternative e non solo

- a Livorno e provincia -

Ecco alcuni articoli scritti per curiosità e gli aggiornamenti nel campo di impianti di riscaldamento, condizionamento, addolcimento acque e ventilazione aria.

  • Addolcitori

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Addolcitori: quale scegliere?

L’acquisto di un addolcitore d’acqua può rappresentare una piccola rivoluzione, nella vita domestica. Tanti sono infatti i vantaggi che questo dispositivo può apportare: dal minor uso di detergenti e detersivi al risparmio sui costi di manutenzione degli elettrodomestici.

Prima di scegliere un addolcitore, però, è opportuno conoscerne il funzionamento e le caratteristiche, in modo da poter acquistare quello più indicato per le proprie necessità. Cosa considerare, quindi, nella scelta dell’addolcitore?

  • Come funzionano gli addolcitori

    In primo luogo, sarà utile conoscere il meccanismo di funzionamento di un addolcitore. La sua azione consiste nella riduzione della concentrazione di minerali tipicamente contenuti nell’acqua: tra i più comuni ci sono il calcare (carbonato di calcio) e il magnesio. Il processo più comunemente utilizzato è quello dello scambio ionico. Grazie all’impiego di apposite resine, gli ioni di sodio vengono scambiati con ioni di calcare e magnesio alleggerendo, quindi, l’acqua. La drastica riduzione di calcare e magnesio giova a praticamente tutti gli elettrodomestici che quotidianamente lavorano con l’acqua

    • Caldaie, boiler, scaldabagni
    • Lavatrici, lavastoviglie, macchine del caffè
    • Tubazioni e termosifoni.
  • Come scegliere l’addolcitore

    I fattori da prendere in considerazione per la scelta dell’addolcitore sono quindi strettamente legati alla quantità di acqua utilizzata ogni giorno. Bisogna in particolare tenere conto di due parametri.


    Il primo è rappresentato dalla capacità ciclica, cioè il volume di acqua addolcita che l’apparecchio è in grado di produrre in un ciclo completo, tra rigenerazione e l'altra

    Questo parametro può chiaramente variare in base alla durezza dell’acqua, e crescerà al decrescere della durezza stessa.

    Il secondo è rappresentato dalla capacità di interscambio, cioè la quantità di calcare e altre particelle che la macchina sottrae all’acqua e trattiene.


    È poi importante stabilire quanto spazio si potrà dedicare all’addolcitore, così da capire quale modello preferire: quelli con una sola unità, in cui resine e serbatoio filtrante coesistono, o quelli in cui tali elementi sono separati.

  • Perché munirsi di un addolcitore

    In ultima analisi, un addolcitore permette di ridurre i consumi di saponi e detersivi (perché l’acqua più leggera non li lava via altrettanto facilmente) e allunga la vita degli elettrodomestici: tra le cause di malfunzionamenti e degli interventi di manutenzione periodica, infatti, l’accumulo di calcare è la più frequente.

I vantaggi dell’addolcitore

Se è vero che l’acqua del rubinetto è potabile nella maggior parte dei casi, grazie ai continui controlli che vanno effettuati per legge, è anche vero che in molti casi è parecchio calcarea, dura. In cucina, quando si fanno le pulizie o anche semplicemente a berla, l’acqua addolcita può quindi essere la scelta più giusta: scopriamo tutti i benefici e i vantaggi di possedere un addolcitore.

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  • L’acqua addolcita in cucina

    Il processo di addolcitura dell’acqua, a prescindere dalla tecnologia utilizzata, prevede che dalla stessa acqua siano eliminate o ridotte il più possibile calcare, magnesio o altri minerali/metalli più pesanti, che la rendono molto dura. Il calcare è sicuramente il più evidente, e anche quando non causa incrostazioni o depositi rilevanti, è sempre possibile notarne macchie e aloni su stoviglie comunque pulite.


    Risultando più leggera e meno ricca di tante microparticelle, l’acqua addolcita è quindi ideale per essere utilizzata in tanti elettrodomestici: da quelli della cucina, come lavastoviglie, bollitori, macchinette per il caffè, fino alla lavatrice o alla caldaia. Anche le stoviglie ne beneficeranno, e il consumo di sapone sarà inferiore.


    Utilizzando acqua leggera e decalcificata, la manutenzione di tali elettrodomestici sarà più agevole, potrà essere meno frequenti e gli stessi saranno soggetti a meno guasti o imprevisti causati da incrostazioni, per esempio.

  • L’acqua addolcita, effetti sull’organismo

    Un’acqua più leggera apporta dei benefici anche all’organismo. L’acqua troppo dura, infatti, potrebbe irritare le pelli più sensibili o i soggetti allergici a particolari sostanze contenute nell’acqua stessa. La durezza dell’acqua, inoltre, potrebbe facilitare l’eventuale ostruzione dei pori dell’epidermide, la comparsa di sebo in eccesso e l’appesantimento dei capelli.


    Bere acqua addolcita, poi, ha un altro fondamentale e tutt’altro che trascurabile pregio: l’eliminazione di eventuali sapori o retrogusti metallici, tipici di quelle acque particolarmente ricche di metalli.


    Sebbene non sia stato dimostrato che le concentrazioni di calcare e altri minerali siano dannose per l’organismo – dopotutto, il corpo umano non è paragonabile a un elettrodomestico, per il quale magnesio e carbonato di calcio non sono utili ma addirittura dannosi – bere acqua non è solo questione di sete, ma è anche un piacere.


    Bere acqua più leggera, realmente inodore e insapore, ma solo fresca, non può che essere più soddisfacente.

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Impianti fotovoltaici: ecco perché sceglierli

Gli impianti fotovoltaici non sono più una tecnologia del futuro, ma di un concreto presente: i vantaggi che l’energia solare porta, rispetto alle fonti non rinnovabili, sono infatti tali da bilanciare l’investimento necessario per dotarsi di un impianto moderno, con moduli fotovoltaici e accumulatori al litio.

Il primo e più grande plus è, ovviamente, la possibilità di raggiungere l’indipendenza energetica: con i pannelli orientati nel modo giusto, in una zona soleggiata, grazie agli accumulatori – che permettono di immagazzinare l’energia solare in più – si può raggiungere anche un’autosufficienza del 90%. E il tutto con una fonte d’energia che, semplicemente, non finisce – se non tra qualche miliardo di anni. Non solo: se rimane energia che non viene auto consumata, può essere venduta al gestore utilizzando il meccanismo del cosiddetto Scambio sul Posto.

  • Una soluzione ecologica e conveniente

    Ma non dover più fare riferimento ai fornitori di energia elettrica, per la propria casa o per l’azienda, non è l’unico vantaggio per chi sceglie il fotovoltaico. Va infatti considerato il grande contributo che si dà alla salvaguardia dell’ambiente, visto che le emissioni inquinanti tipiche delle fonti non rinnovabili, come gli idrocarburi, sono ridotte a zero; più nel dettaglio, un impianto fotovoltaico consente di risparmiare 6.500 kg di combustibile fossile che si tradurrebbero in 20.800 kg di anidride carbonica. In più, anche il silicio utilizzato per la produzione dei pannelli è green friendly, essendo il secondo elemento per abbondanza in natura; inoltre, con un riciclo adeguato, è possibile recuperare fino all’80% di un modulo solare.

  • Che cosa riserva il futuro per il fotovoltaico

    Gli impianti fotovoltaici sono costruiti per essere a lunga durata, 25-30 anni almeno (al netto di una certa diminuzione della capacità di assorbimento dei pannelli), e hanno un costo di manutenzione molto basso: è sufficiente occuparsi della loro pulizia una volta l’anno, in modo da mantenere ottimale il rendimento di energia, affidandosi a una ditta con professionisti esperti.


    Inoltre, gli impianti fotovoltaici possono essere installati dove si preferisce (non solo sul tetto, ma anche su terrazzi o facciate) con ingombro visivo nullo.


    In più, nei prossimi anni i sistemi miglioreranno ulteriormente: gli studi del settore si stanno concentrando sulla produzione di celle fotovoltaiche trasparenti che potranno essere usate per coprire praticamente qualsiasi tipologia di superficie, aumentando così, in maniera esponenziale, il potenziale di produzione di energia per ogni immobile, a costi molto bassi.

Tutti i vantaggi dei pannelli solari termici

Oltre ai pannelli fotovoltaici utilizzati per generare energia elettrica, il sole può alimentare anche i pannelli solari termici pensati invece per l’acqua calda sanitaria e il riscaldamento casalingo. Si tratta di un risparmio in più, nonché di una nuova dimostrazione della grande flessibilità e delle potenzialità, solo in parte sfruttate, delle energie rinnovabili.

Scegliere i pannelli solari termici significa, per prima cosa, basare il riscaldamento della propria casa – ma anche del negozio o dell’ufficio – su una fonte inesauribile, pulita e che non dobbiamo nemmeno cercare, visto che si “propone” quotidianamente con ogni alba. Un modo intelligente per gestire meglio le proprie spese per il riscaldamento, visto che la bolletta del gas è, da sempre, una delle prime preoccupazioni degli italiani per quanto riguarda il budget familiare.

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  • Come funzionano i pannelli

    Ma come funzionano i pannelli solari termici? Negli impianti cosiddetti a circolazione naturale si installa un boiler sopra il pannello solare, accumulando il calore raccolto dal fluido che circola in maniera naturale; in quelli a circolazione forzata, invece, ideale per i climi più freddi del Nord Italia, si utilizza una miscela di acqua e antigelo che scorre grazie a una pompa elettrica nei tubi, e si riscalda attraversando i pannelli, rilasciando il suo calore all’interno del serbatoio per mezzo di una particolare serpentina.


    Il solare termico può quindi essere utilizzato per riscaldare l’acqua sanitaria, arrivando fino a una temperatura di 60 °C negli impianti più diffusi e diventando così un ideale sostituto, per chi ha una casa con un buon irraggiamento, di caldaie elettriche e a gas. Di norma, un buon impianto con pannelli solari termici può coprire senza problemi una percentuale tra il 20 e il 30% del fabbisogno energetico invernale.

  • Spese ammortizzate in 5-10 anni

    Gli altri vantaggi dei pannelli solari termici sono, ovviamente, il loro essere assolutamente ecologici, sia perché sfruttano un’energia rinnovabile e pulita come quella del sole sia perché i componenti dei pannelli stessi sono in massima parte riciclabile. E oltre ai finanziamenti e alle detrazioni previste che per chi sceglie queste forme innovative di riscaldamento, non va dimenticato che migliorare la classe energetica di una casa fa aumentare, e non di poco, il suo valore economico.


    Le spese, approfittando delle detrazioni, possono essere ammortizzate in circa 5-10 anni da una famiglia media: di lì in poi, è tutto risparmio, nonché un sospiro di sollievo per il nostro pianeta.

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La guida completa all'acquisto di una caldaia

Fino a pochi anni fa, scegliere una caldaia era un’operazione tutto sommato semplice, considerando che non erano certo molte le possibilità per l’acquirente; i modelli si assomigliavano un po’ tutti e, allo stesso tempo, c’era meno consapevolezza, rispetto a oggi, dei danni e dei limiti, portati dallo sfruttamento delle energie non rinnovabili.

Oggi, infatti, chi deve acquistare un nuovo scaldabagno o sostituire quello vecchio si trova di fronte una miriade di possibilità, e il più delle volte finisce con il rivolgersi semplicemente al proprio installatore di fiducia, senza però la certezza che il modello scelto sarà in effetti quello più adatto alla situazione abitativa del cliente.

  • L’obbligo delle caldaie a condensazione

    Tra caldaie a condensazione, a camera aperta, a pellet, ad accumulo, multicombustibile e così via, si può dire che in apparenza c’è l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda la caldaia; negli ultimi anni però, la legge ha limitato le possibilità con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento e gli sprechi.


    Dal 2015, se si usa GPL o metano, è infatti obbligatoria l’installazione di caldaie a condensazione, con certificazione energetica ErP: una soluzione più costosa, ma che a lungo termine permette di guadagnarci, grazie al risparmio sulla produzione dell’acqua calda intorno al 20% per le temperature sugli 80 °C e addirittura del doppio per le basse temperature, tra i 30 e i 50 °C.


    All’esterno – ma solo dove non si possa installare una caldaia condensazione – è possibile installare anche le caldaie a camera aperta, che prelevano dall’ambiente l’ossigeno di cui hanno bisogno per la combustione.

  • I combustibili alternativi

    Interessante poi la possibilità di acquistare una caldaia a pellet, che può sostituire quella GPL o a metano: sono più grandi in quanto a dimensioni e non costano poco, ma hanno un’eccellente efficienza energetica e grande potere calorifico. In più, il pellet utilizzato come combustibile è molto economico e l’installazione particolarmente semplice. A differenza della termostufa a pellet, la caldaia a pellet deve essere installata all’esterno, in uno spazio dedicato.


    Non troppo diversa dalla caldaia a pellet è la caldaia multicombustibile che utilizza sia il pellet che il “nocciolino”, combustibile ricavato dalla lavorazione degli scarti della spremitura delle olive.


    Infine, la caldaia ad accumulo: ha un serbatoio di acqua calda pronto per essere utilizzato in qualsiasi momento e, per questo, è molto ingombrante, ma garantisce una grande quantità di acqua calda sempre a disposizione, soprattutto con case di grandi dimensioni e nuclei familiari numerosi.

Quando e perché eseguire la manutenzione della caldaia

Appena acquistata una nuova caldaia, magari a condensazione, si ha spesso l’idea di essere tranquilli per molti anni, senza che sia più necessario tornare a occuparsi delle fonti di riscaldamento per la casa. Non proprio: la manutenzione periodica della caldaia non serve soltanto per assicurare il  perfetto funzionamento al dispositivo, ma è anche regolata da norme di legge, che stabiliscono la periodicità e la natura degli interventi manutentivi.

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  • I tempi per il controllo

    Con la manutenzione, la caldaia può preservare a lungo nel tempo le proprie prestazioni, al tempo stesso senza eccedere con i consumi di energia e senza rilasciare nell’ambiente che ci circonda troppe sostanze nocive. Proprio per questo, gli interventi di manutenzione sono obbligatori: la tempistica viene riportata nei libretti d’uso e di manutenzione della caldaia stessa, e non è, come a volte erroneamente si crede, da farsi per forza una volta all’anno, ma secondo le scadenze stabilite dall’impresa installatrice. Per esempio, se la caldaia è stata installata in parti della casa dove lo spazio è appena sufficiente, potrà essere richiesta una manutenzione più frequente.


    Il manutentore della caldaia ha sempre l’obbligo, va ricordato, di rilasciare un report della manutenzione e di compilare il libretto di impianto nelle parti relative agli interventi effettuati, che non sempre coincidono con il controllo dell’efficienza energetica.


    Quest’ultimo ha, invece, scadenze precise, e riguarda sia gli impianti per la climatizzazione invernale di potenza termica utile nominale superiore a 10 kW che gli impianti per la climatizzazione estiva e pompe di calore di potenza termica utile nominale superiore a 12 kW.

  • Il controllo dell’efficienza energetica

    A seconda che gli impianti abbiano generatore di calore a fiamma (a combustibile liquido o solido, o a gas), abbiano macchine frigorifere o pompe di calore, siano alimentati dal teleriscaldamento o siano cogenerativi, cambiano le scadenze per gli anni in cui è necessario controllare l’efficienza energetica, da 1 (per i generatori alimentati a combustibile liquido o solido con una potenza termica superiore a 100 kW) fino a 4 per i modelli più piccoli.


    Il controllo deve essere effettuato anche nella prima messa in servizio dell’impianto, a cura della ditta installatrice, qualora si sostituiscano gli apparecchi del sottosistema di generazione o nel caso di interventi non periodici, ma in grado di modificare l’efficienza energetica. Alla fine, il manutentore redigerà e sottoscriverà il Rapporto di Controllo di Efficienza Energetica in tre copie.

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Perché sono utili i sistemi di filtraggio dell'acqua

Possiamo fidarci dell’acqua che esce dal nostro rubinetto? In Italia, in media – a parte casi limite, sempre o quasi sempre ben documentati dalle Autorità preposte – possiamo contare su un’acqua di ottima qualità, buona da bere, senza particolari controindicazioni. Come si spiega allora il proliferare di sistemi per il filtraggio dell’acqua, ormai proposti a prezzi sempre più convenienti con formule che vanno dall’acquisto diretto all’abbonamento periodico? Mero consumismo o c’è qualcosa di fondato nell’opportunità di filtrare l’acqua? Oppure ancora, come dicono alcuni, il rimuovere certe sostanze dall’acqua potrebbe addirittura renderla meno preziosa per il nostro organismo?

  • Come funzionano i filtri a carboni attivi

    Posto che l’acqua dei nostri rubinetti viene sempre depurata – altrimenti non sarebbe potabile, a differenza dell’”acqua minerale naturale” di sorgente che le aziende non possono alterare – possono esserci vari motivi per acquistare un sistema di filtraggio dell’acqua, per esempio quando c’è una forte presenza di calcare, un sapore sgradevole, la preoccupazione di trasmissione di malattie infettive in contesti particolari.


    I filtri più comuni sono quelli a carboni attivi, che possono essere sia installati sul rubinetto da dove si prende l’acqua da bere, sia alla fonte dell’impianto dell’acqua di tutta la casa. Il carbone ha la capacità di assorbire le sostanze organiche, migliorando sia il sapore che l’odore dell’acqua, ma non ha effetto contro le sostanze inorganiche, ovvero ferro, calcio, cloro (e i batteri).

  • Gli altri tipi di filtro

    Il filtro a osmosi inversa è invece molto più costoso e complesso, e si basa sulla possibilità di far passare l’acqua attraverso una membrana con maglie minuscole, che raccoglie quindi sia i sali minerali che le molecole organiche e inorganiche, senza dimenticare i batteri. In altre parole, con un filtro a osmosi inversa l’acqua è davvero pulitissima. L’impianto è di discrete dimensioni e rende potabile qualsiasi acqua, ma c’è il rischio che la impoverisca, togliendo troppe sostanze.


    Il filtro a campo magnetico o dolcificatore ha invece l’obiettivo primario di eliminare il calcare (dannoso in particolar modo per gli elettrodomestici), anche se a fini alimentari con questi filtri l’acqua rimane di fatto la stessa.


    Infine, il filtro a scambio ionico sostituisce gli ioni di calcio con ioni di sodio, molto efficace per ridurre il calcare ma non indicato a esempio per chi soffre di ipertensione, considerando la quantità di sodio che viene immessa nell’acqua.

Cos’è un addolcitore dell’acqua e a cosa serve

Il calcare è la minaccia numero uno per gli elettrodomestici.

Come tutti sanno, le incrostazioni che vengono via via lasciate dal passaggio dell’acqua possono compromettere in modo definitivo il corretto funzionamento di una lavastoviglie o di una lavatrice e, per questo, esistono sul mercato molti prodotti il cui scopo è proprio quello di eliminare il calcare già formato o prevenire il suo insorgere.

Gli addolcitori d’acqua, invece, agiscono a monte, rendendo l’acqua più “morbida” e limitando, in modo molto efficace, il formarsi di incrostazioni che minano l’efficienza energetica e la capacità di pulire in modo adeguato di lavatrici e lavastoviglie, ostruendo tubature e rubinetterie, rendendo il bucato infeltrito e opaco.

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  • I tipi di addolcitore

    Gli addolcitori privano l’acqua potabile che scorre nei nostri rubinetti del calcio e del magnesio in eccesso, con notevoli vantaggi per la manutenzione degli elettrodomestici. Ne esistono di diverse tipologie: quello domestico a ioni, per esempio, si basa sullo “scambio” degli ioni a carica positiva, come appunto quelli del calcio e del magnesio, con sodio e potassio. L’addolcitore magnetico, invece, trasforma il calcio in carbonato di calcio neutro (aragonite).

  • Perché acquistare un addolcitore

    I benefici di chi sceglie di installare presso la propria casa un addolcitore, oltre alla già citata maggior durata nel tempo degli elettrodomestici, sono tali da permettere i ridurre i consumi dei detergenti di fino al 70% e utilizzare programmi più brevi per la lavatrice, con un dignitoso taglio delle spese nella bolletta dell’energia.


    Gli addolcitori permettono infatti di avere un bucato più morbido e pulito, bicchieri e stoviglie brillanti e una caldaia più efficiente; in quest’ultimo caso si tratta di un risparmio energetico consistente, circa il 15-20% rispetto agli scaldabagni che sono stati resi inefficienti dal troppo calcare.


    Infine, gli addolcitori d’acqua sono in grado anche di aumentare l’efficienza degli impianti di riscaldamento solare e delle unità di aria condizionata. Il tutto senza svantaggi per la salute: anche un’acqua potabile senza calcio e magnesio è comunque dotata di tutte le sostanze nutritive necessarie per il nostro organismo. L’unica accortezza è quella di non utilizzare l’acqua addolcita per preparare il latte per i neonati, visto che soprattutto in caso di acqua di partenza molto dura è necessario un cospicuo scambio con gli ioni di sodio, e quindi di sale disciolto, che può essere dannoso per i più piccoli.

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Tutti i consumi dei condizionatori

Non si tratta di un vizio: col calore soffocante dei mesi più afosi d’estate, poter contare su un condizionatore in casa è una vera e propria ancora di salvezza. Sia che venga utilizzato per il raffrescamento dell’aria, sia che lo si accenda per deumidificarla, il climatizzatore è un elettrodomestico molto sofisticato e in grado di migliorare la vita di tutti noi.

Con un dubbio, però, che non di rado attanaglia i suoi proprietari: quanto consuma un apparecchio di questo tipo? È il caso di utilizzarlo solo per poche ore al giorno oppure le sue esigenze sono tutto sommato trascurabili?

  • Le classi energetiche dei condizionatori

    Inutile girarci troppo attorno: anche se non si tratta di un vero e proprio elettrodomestico energivoro come possono essere il forno, la lavastoviglie o il phon – quelli che fanno “scattare” il contatore quando sono accesi insieme – il climatizzatore è comunque un dispositivo che non può essere considerato trascurabile per quanto riguarda i consumi. Molto, però, dipende dall'uso che se ne fa, oltre che, ovviamente, dalla marca e dal modello, dalla zona climatica in cui ci si trova, dalle caratteristiche dell’edificio (in termini di isolamento termico di tetto e pareti, piano, esposizione, numero e dimensione delle finestre e così via).


    Proprio per questo, quando si acquista un climatizzatore, è meglio spendere qualche euro di più e sceglierne uno che abbia una buona classe energetica. Basti pensare che il consumo un condizionatore di raffrescamento di classe di efficienza A+++, ipotizzando un fabbisogno di freddo di 1.300 kWh annuali, è di 160 kWh/anno, mentre per un climatizzatore di classe B è, addirittura, pari a 260, più di una volta e mezza.

  • Come fare per limitare i danni

    È bene, quindi, seguire qualche “buona pratica” per far sì che l’utilizzo del condizionatore non sia troppo costoso. Per prima cosa, vale sempre la regola di non scegliere una temperatura più bassa della temperatura esterna di un intervallo superiore ai 6 °C: in altre parole, se fuori ci sono 30 °C in casa la temperatura regolata sul climatizzatore deve essere al massimo di 24 °C. Poi, naturalmente, finestre e porte devono rimanere sempre chiuse e di sera il condizionatore va spento, anche perché può essere molto dannoso per la salute. E non dimenticate la manutenzione: un climatizzatore che non è stato pulito a dovere da esperti è un climatizzatore che consuma di più.

Cos’è e come funziona un inverter fotovoltaico

Quando si decide di dotare la propria casa di un impianto fotovoltaico, si sente spesso dire che uno degli elementi più importanti è l’inverter. In effetti, si tratta in un certo senso del “cuore” (e per altri versi del “cervello”) dell’impianto; da fuori sembra un comune quadro elettrico avvolto da un involucro di metallo, ma in realtà è un dispositivo molto sofisticato. Dal suo corretto funzionamento dipende, infatti, quello dei pannelli fotovoltaici a esso collegati e, di conseguenza, anche il risparmio energetico che può essere ottenuto sfruttando l’energia solare.

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  • Come funziona l’inverter

    In un impianto fotovoltaico, i pannelli solari, installati con la corretta angolazione ed esposizione sul tetto dell’edificio, catturano i raggi del sole e la trasformano in energia elettrica. Questa energia, però, è continua, mentre la rete domestica utilizza la corrente alternata, ovvero un tipo di corrente caratterizzato da due flussi d’energia e una frequenza costante. Ed è proprio in questa fase che entra in gioco l’inverter convertendo, infatti, la corrente continua generata dai moduli solari in corrente alternata da 230 volt.


    Ma le funzioni dell’inverter non finiscono qui. Questo apparecchio riesce a ottimizzare la potenza di tutto l’impianto, facendolo funzionare in modo più efficace; inoltre segnala prontamente la presenza di eventuali anomalie e protegge il sistema nel caso in cui ci siano blackout o sovratensioni.


    Gli inverter hanno tipicamente una potenza di 1-5 kW a livello residenziale e di 6-20 kW a livello commerciale, in base cioè alle dimensioni dello stesso impianto e alle necessità da parte dell’utente.


    Particolarmente interessante è il caso degli inverter fotovoltaici con accumulo, che possono essere collegati direttamente uno storage aumentando l’autoconsumo, visto che con le più moderne batterie al litio si può arrivare di fatto a un’autosufficienza che sfiora il 90%.

  • Come prendersi cura dell’inverter

    L’inverter è delicato nella misura in cui un fulmine o altri eventi atmosferici possano alterarne l’utilizzo, ma di norma va revisionato, ed eventualmente sostituito, solo una volta ogni 10 anni. L’importante è che il posizionamento dell’inverter all’interno del sistema sia stato pensato con cura, in modo da mettere questo fondamentale oggetto in un luogo isolato e ventilato, così da essere al riparo sia dagli sbalzi di temperatura che da surriscaldamenti dovuti al funzionamento dell’impianto stesso. Il range di temperature comunemente accettate da un inverter è compreso tra i 5 °C e i 40 °C.

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